FIUME JATO, UN PATRIMONIO DA RECUPERARE

Ad inizio mese, in un convegno tenutosi a Partinico, è stata proposta l’istituzione della Riserva Naturale Orientata nel tratto della Foce dello Jato nei pressi del Santuario della Madonna del Ponte. Il fiume Jato nasce da numerose sorgenti della nostra valle, le più importanti delle quali rappresentate da quelle di Chiusa-Figurella, Cannavera e Ginestra. Il fiume, lungo 32 Km, attraversa l’intera valle Jato per poi immettersi nel lago artificiale del Poma derivato dal suo sbarramento, dal quale riprende fino a sfociare nel mare di Balestrate.
I nostri genitori raccontano che da piccoli facevano il bagno nelle sue acque e che vi si potevano pescare anguille, tinche, granchi, ranocchi. Le sue acque oggi sono in pratica prive di vita; i pesci sono scomparsi. Ricca era inoltre la vegetazione spontanea lungo il fiume caratterizzata da fitti canneti (arundo donax), capelvenere, euphorbia dendroides, edera, alloro, oleandro, ginestra, mirto, disa, asparago, palma nana, menta, muschi, licheni ed altre specie della macchia mediterranea. Ai pioppi si aggiungevano altri alberi sempreverdi tra i quali le querce da sughero, il carrubo, il leccio. Compromesso è quell’originario ambiente fluviale. La flora naturale residua è visibile purtroppo solo in alcuni brevi tratti, tra i quali quello iniziale e presso la foce del fiume.
Il fiume per lunghi tratti è gravemente inquinato a causa della presenza di scarichi abusivi e dell’assenza, sino ad oggi, di depuratori nei vicini centri abitati (San Giuseppe e San Cipirello). Oggi la portata idrica del fiume è inoltre particolarmente ridotta rispetto al passato, per il disordinato sviluppo delle campagne circostanti e perché molte delle sue acque sono incanalate e sfruttate per fini civici ed irrigui.
Il fiume e le campagne sono state sin da tempi lontani un’importante risorsa economica per il nostro territorio. Testimoniano questo, lungo il percorso del fiume, i resti di una Procura Saracena, di una cartiera, di cantine, di mulini ad acqua, d’antichi ponti e torri d’avvistamento, di masserie fortificate e la presenza di chiese come il Santuario della Madonna del ponte del XIV secolo presso la foce del fiume Jato. Fiume e territorio che hanno, inoltre, una grande rilevanza storica, politica e sociale. Teatro delle imprese di Pirro contro i Cartaginesi nel 276 A., proprietà di diversi monarchi e principi nel corso dei secoli e luogo di battaglie recenti come quelle di Danilo Dolci che agli inizi degli anni 60, dopo anni di lotte e di pressioni, diede vita alla Diga Poma quando la mafia gestiva l’acqua dei pozzi vendendola a caro prezzo.
Il progetto d’istituire la Riserva Naturale Orientata nei pressi della Foce dello Jato è un’ottima idea che dovrebbe essere supportata da tutti i Comuni ricadenti nel bacino del fiume (Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Grisì-Monreale, Camporeale, Partinico, Balestrate).
Un progetto che però, a mio parere, dovrebbe essere esteso a tutto il bacino del fiume dal suo tratto più alto (Procura-Mirabella-Chiusa-Ginestra) sino alla foce, al fine di realizzare un intera area protetta. Un Parco Fluviale dello Jato che preveda opere di disinquinamento delle acque del fiume ed interventi di recupero degli antichi mulini e masserie. Molte sarebbero le specie vegetali ed animali da tutelare tra quelle superstiti, quali le querce da sughero ed il riccio di campagna. Fondamentale potrebbe essere il ruolo svolto dalle associazioni ambientaliste al fine di realizzare iniziative sociali e culturali coinvolgenti in primo luogo la scuola che dovrebbe essere un luogo di progetti, un laboratorio d’idee che negli anni possa portare ad un riavvicinamento della cittadinanza al proprio ambiente ed al proprio fiume altrimenti condannato ad un triste ed inesorabile destino.


Giuseppe Paviglianiti